Stamattina lo butto come viene, come facevo una volta.

A dir la verità, mi stavo già stufando di parlare di informatica, di spiegare alla gente come fare qualcosa di cui, fino ad un momento prima, non aveva alcun bisogno, e senza scrivere, cominciavo a dare i numeri. Senza mettere nero su bianco era come se sfugisse qualcosa della mia vita, qualche pezzo importante prima che potessi afferrarlo. Mi sono attivato per fare, fare, fare, mi sono iscritto a facebook, ho tentato di riaprire vecchie belle relazioni, mi sono forzato nel mondo, negli altri, di cui ho spesso finto di non avere bisogno, mi sono concesso a un riposo totale, forse stancante.

Oggi capisco che forse molte delle mie antiche battaglie, non portanavo in grembo il coraggio di un uomo che decide di scontrarsi col mondo, ma il terrore di un bambino che, nascosto sotto le coperte al primo segnale di allarme, non ha mai rischiato di mostrare il volto all’uomo nero. Né l’hai mai visto davvero, l’uomo nero.

Hanno più paura loro di te, mi diceva una persona importante, ma non dimentico i limiti mai scoperti della paura, il suo potere di restringere la vita, blindare le relazioni, costringere la vittima ad un’esistenza confusa e incompleta.

Adesso che il vento è soffiato è l’uomo nero ad essere preoccupato.

Il cammino interiore è simile al lavoro che una volta facevano gli uomini per accendere il fuoco. Si batte e si ribatte una pietra contro l’altra, senza stancarsi, finché scocca la scintilla. Per nascere il fuoco ha bisogno del legno ma per divampare deve aspettare il vento. Cerca dunque sempre il fuoco nella tua vita, attendi il vento, perché senza fuoco e senza vento i nostri giorni non sono molto diversi da una mediocre prigionia.

S. Tamaro Più fuoco, Più vento