PREMESSA: Ho raccattato questo breve articolo che non ricordavo nemmeno di avere scritto, da una cartella sperduta nel mio cranio, assomiglia a qualche altra cosa ho scritto in questi anni, ma mi è piaciuto lo stesso e ho deciso di pubblicarlo, spero non vi dispiaccia! (francamente me ne infischio). [Ho tolto qualche pezzo, perché ambientato troppi anni or sono..]

 

[…] tutti ci siam fatti accalappiare da questa fluida presenza di progresso, da questa sempre più soffocante esigenza di sfruttare al massimo ogni possibile risorsa, fino all’esaurimento (non parliamo della tendenza tutta umana di consumare i territori che assedia, per poi trasferirsi altrove, e poi altrove, e poi altrove), l’esaurimento collettivo.

Dalla necessità di avere un tv al plasma da 50 pollici FullHD anche nel salotto di due metri quadri, con appeso al muro (o incollato dietro allo schermo per assenza di spazio) un lettore blue-ray, per poter vedere i migliori film in circolazione alla massima qualità (per non parlare del prezzo), quella di avere portatili da migliaia di euro (che altrettante migliaia di geniali programmatori indiani sognano per una vita) per chattare via msn dall’università (fra qualche anno riconosceranno la dipendenza ossessiva dall’instant messaging), alle cornici che visualizzano le proprie foto digitali (tanto per evitare alle povere mamme moderne la fatica di aprire e chiudere la cornice per cambiare foto), cellulari da urlo e tutte le più o meno utili trovate che se non oggi, presto assedieranno le nostre case.

Eppure, in questo sovrabbondante benessere, sembra che nessuno stia comodo, nessuno si sente appagato, e non è colpa dell’innovazione tecnologica che presto svaluta anche l’ultimo e costosissimo modello di qualunque cosa, ma della eccessiva speranza di felicità che puntualmente gli attribuiamo, nella disperazione di non poterla trovare altrove.

Madonna nel suo ultimo viaggio in Africa, è rimasta stupefatta di come i bambini, pur vivendo in certe condizioni, che scandalizzerebbero qualunque signore e signora italiani, siano assai più felici di noi, noi del nord del mondo (che fra virgolette è solo una convenzione: nessuno sa da che parte si guarda l’universo!)

Felicità, ahah.

Non so quanti ancora riescono a crederci, eppure si dovrebbe sapere che più è buona una cosa, più in genere è difficile da ottenere, ma si sa anche che nessuno ha più voglia di lavorare, di mettere in moto il più piccolo sforzo per un obiettivo che ne valga la pena. Se non posso comprarlo, pretenderlo o rubarlo non lo voglio. E quei pochi grassi, porci, egoisti e menefreghisti, forse per zittire la propria assillante coscienza, hanno deciso di inchiodare in un numero più grande possibile di civili la stessa barbara mentalità.

Eh si, proprio così. Eppure nessuno lo direbbe oggi, nessuno per la strada riuscirebbe mai a credere di essere prelevato dalla propria casa, dal proprio divano per la precisione (couch potato), e condotto per mano da un ignoto ma elegantissimo signore fino a versare soldi sul suo conto in Svizzera.

È possibile costruire edifici, vernici, auto, scarpe e vestiti, alimenti (sembra fuori posto vero?) nel massimo rispetto della natura, lo sapevate? Probabilmente no, poiché costano di più (di più oggi, ma fra virgolette ci risparmiano anche loro a medio-lungo termine) ai produttori, che col sintetico hanno minime spese e massimi guadagni (addebbitando i danni ambientali ai propri figli e nipoti). Ma vi dirò di più, sono pronto a scommettere che almeno la metà delle cose che comprate al supermercato alla fragola, non ha dentro nulla, nulla che riguardi la fragola o il limone, o l’ananas, o l’arancia, o le ciliegie o il fico d’india.